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(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 52

 

SEGRETI E BUGIE

 

(PARTE PRIMA)

 

 

RAGNATELA D’INGANNI

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

L’aeroporto Internazionale di Dubai è il maggiore di tutto il Medio Oriente, un vero gioiello del golfo, uno scalo con un traffico passeggeri e merci tra i più elevati al mondo in un’area grande come una piccola città.  In un ambiente così è facile per un singolo passeggero perdersi tra la folla.

Elektra Natchios, appena scesa da un volo della British Airways proveniente da Londra, conta proprio su questo, dopotutto nel suo tipo di lavoro passare il più possibile inosservati è una dote molto importante. Una veloce navetta la porta sino all’Hotel 5 stelle prenotato in precedenza e lì Elektra si concede un bagno ristoratore ed un breve riposo. Nel prossimo futuro la attende un programma di lavoro molto intenso e vuole essere in forma: uccidere è un’attività decisamente impegnativa.

 

Un altro aereo atterra, un’altra donna scende la scaletta, ma il luogo è diverso: l’Aeroporto Internazionale Sheremetyevo di Mosca nella Federazione Russa. Anche la donna è diversa, ma forse non troppo: Natalia Alianovna Romanova conosce anche lei diversi modi di uccidere e possiede un notevole addestramento in tutte le discipline conosciute di combattimento corpo a corpo, oltre ad altre doti più sottili che hanno reso famoso il suo nome di battaglia: la Vedova Nera. Oggi questa donna pericolosa è tornata a casa.

Diversamente da Elektra, però, non è sola. L’uomo al suo fianco potrebbe sembrare un innocuo turista o un uomo d’affari, ma se si guardasse oltre il suo elegante vestito firmato ed i suoi modi indolenti forse si noterebbe la durezza dei suoi occhi che senza darlo a vedere esaminano la zona circostante.

-È dannatamente freddo da queste parti.- si lascia sfuggire.-

-Questa è Mosca, Paul, è non siamo in estate.- replica Natasha

-.Beh, la prossima volta che il tuo padrino si mette nei guai, digli di farlo in un posto caldo. Conosco una spiaggia a Grand Bahama, dove faresti un figurone in bikini… anzi, anche senza il bikini.-

-Paul, sei incorreggibile.-

            I due sono arrivati fin quasi al posto di controllo dei passaporti quando una voce si ode alle loro spalle.

-Bentornata nella Rodina[1] Natalia Alianovna, sei la benvenuta.-

            Davanti a loro un uomo alto dai capelli grigi tagliati corti, gli occhi nascosti da occhiali scuri e con indosso un sobrio cappotto. Le prime parole che ha detto sono state pronunciate in Russo, per poi passare disinvoltamente all’Inglese con un accento appena accennato.

-Alexi Mikhailovitch Vazhin.- esclama Natasha –Che sorpresa.-

-Davvero?- ribatte Vazhin con un accenno di sorriso –In fondo avresti dovuto aspettarti che il ritorno a casa della celebre Vedova Nera non sarebbe sfuggito all’attenzione del F.S.B,-[2]

-Con te a dirigerlo non è sorprendente, Alexi Mikhailovitch. Sono lusingata che tu abbia ritenuto di dovermi ricevere personalmente.-

-Devi rassegnarti Natasha.- interviene il suo compagno –Sei una personalità importante.-

-Alexi Mikhailovitch questo signore impertinente che viaggia con me è…- comincia a dire Natasha

-… Paul Dennis, alias Paul Denning, alias P.L. Dean, alias tanti altri nomi, alias Paladin, mercenario internazionale il cui vero nome è sconosciuto forse persino a lui.- la interrompe Vazhin.

-Ma non agli archivi dei potenti servizi segreti russi, magari.- replica Paladin alzando le spalle con finta indifferenza. -Devo aspettarmi di essere condotto nei sotterranei della Lubyanka, colonnello?-

-Generale in realtà, ma io non ho mai amato ostentare i gradi. No, mr. Dean o quale sia il nome nel suo passaporto. Nella nuova Russia siamo più cortesi con gli ospiti. Offriamo perfino asilo ad attori sovrappeso che non approvano le tasse del loro paese.-

-Molto divertente.-

-Ora che abbiamo scambiato i convenevoli, Alexi…- interviene Natasha -... vuoi dirmi perché sei qui?-

-Innanzitutto per aiutarvi ad evitare le formalità doganali, mia cara Natasha, così da non imbarazzare il tuo amico nel caso scoprissero l’equipaggiamento che nasconde nei doppi fondi delle sue valige.- da parte di Paladin viene un borbottio mentre Vazhin continua –Inoltre potrei aiutarti a ritrovare le tracce di quel vecchio pazzoide di Ivan Petrovitch –

-Che ne sai di lui?-

-Più che abbastanza. Ma ne potremo parlare più tardi, dopo cena.-

-Cena?

-Il Presidente ti vuole come sua ospite a cena stasera. L’invito è ovviamente esteso al tuo accompagnatore.-

-Non sono mai stato invitato da un Presidente prima d’ora.- commenta Paladin –Per fortuna mi porto sempre dietro lo smoking.-

-Uhm… immagino di non potermi rifiutare.- aggiunge Natasha –Beh, è un pezzo che non varco le mura del Cremlino e questa è un’occasione buona dopotutto. Tanto non avrei potuto cominciare le mie ricerche prima di domani.-

-Ben detto, ragazza mia.- replica Vazhin – Su, andiamo. Ti aggiornerò su quel che so durante il viaggio.-

            In breve il gruppo esce dall’aeroporto e i tre prendono posto in una grossa Mercedes. Sono appena partiti che un’altra auto si stacca dal marciapiede e prende a seguirli discretamente.

 

            Un altro posto, un altro mezzo di trasporto, altre due donne. Il luogo è chiamato Isola del Gufo e si trova oltre il limite delle acque territoriali degli Stati Uniti, è un luogo senza legge dove è possibile trovare ogni trasgressione possibile se si paga il giusto prezzo. Il gioco d’azzardo è solo una delle attività minori, ma è anche quella che attira un gran numero di visitatori dalla Costa. Tra i visitatori di oggi ci sono le due donne di cui parlavamo: una è alta e flessuosa dai lunghi capelli rossi che le ricadono sulle spalle ed i lineamenti vagamente orientaleggianti, indossa un attillato e corto abito verde che le lascia scoperte le braccia e ne esalta le forme. L’altra ha la pelle nera, i capelli crespi ed uno sguardo duro sottolineato dalla piega corrucciata delle sue labbra. Indossa una camicetta e dei pantaloni. Sembrano solo due belle ragazze che vogliono divertirsi ma sono molto di più.

-Senza la mia spada mi sento nuda.- commenta sottovoce Colleen Wing.

-In realtà non è che ti manchi molto per esserlo.- replica Misty Knight dandole una rapida occhiata.

-Molto spiritosa. Ti ricordo che sei stata tu a volere che venissimo qui in incognito.-

-Era il modo più facile per arrivarci ed avremmo dato nell’occhio se fossimo arrivate qui caricando a testa bassa. Senza contare che avremmo faticato non poco a superare le misure di sicurezza che ci sono qui. Hai visto come siamo state perquisite prima di partire e all’arrivo.-

-Me ne sono accorta sì.- la voce di Colleen esprime rabbia e disgusto.

-Se ti può consolare, anch’io mi sento nuda senza la mia pistola.-

-Non mi consola affatto. Ma adesso pensiamo al nostro lavoro: abbiamo promesso a Luke che avremmo interrogato il Gufo per scoprire se è implicato negli attentati contro di lui[3] ma prima dobbiamo trovarlo.-

-Oh, quello non sarà affatto difficile.- puntualizza Misty indicando un bizzarro edificio che domina la scogliera sulla riva orientale dell’isola: un edificio a forma di testa di gufo –Il vero problema sarà andarcene vive da qui dopo che ci avremo parlato.

 

 

2.

 

 

            Ti fai chiamare Iron Fist e sei il detentore di un antico potere che fa di te qualcosa di più di un semplice maestro delle arti marziali. Di recente hai scoperto di non essere l’unico e che potresti essere coinvolto in una sorta di guerra interdimensionale i cui contorni ancora ti sfuggono. Al momento la cosa non ti preoccupa. I tuoi pensieri sono ora occupati dall’incarico che ti sei preso per conto di un amico. Tu e Luke Cage avete due caratteri molto diversi ma lo consideri come un fratello e sei deciso ad aiutarlo a scoprire chi c’è dietro gli attentati alla sua vita.[4] L’uomo che hai deciso di incontrare è un tipo pericoloso. Il vero nome di Testa di Martello è sconosciuto e si dice che nemmeno lui lo ricordi. Alcuni dicono che sia Italiano, altri Jugoslavo, altri ancora Russo, ma la verità è ignota persa nei meandri di una mente disturbata e di una testa ricostruita con protesi di metallo. Testa di Martello ha una vera ossessione per i gangster degli anni 30 così come furono dipinti dai film di quel periodo. Veste come Al Capone e nei modi e nel volto assomiglia ad un Edward G. Robinson dalla testa sovrasviluppata. Sottovalutarlo o ridere di lui sarebbe un grave errore.

            Quando entri nel suo ufficio ti squadra con uno sguardo sprezzante.

-Un altro buffone in costume. Non avete niente di meglio da fare che rompermi le scatole in continuazione?- ti dice.

-Non ti farò perdere troppo tempo, tranquillo.- ribatti –Mi basta sapere quello che hai a che fare con gli attentati a Luke Cage.-

-Un altro idiota. Se un giorno lo vorrò morto, me ne occuperò personalmente. Mettere bombe non è nel mio stile, preferisco il mitra… e non perdo tempo a prendermela con vecchi dottori o avvocati sovrappeso.-

-Ne sai molto, pare.-

-Mi piace tenermi informato.-

-E sei informato anche su chi c’è dietro a tutta questa storia per caso?-

            Testa di Martello fa una smorfia che potrebbe essere interpretata come un sogghigno

-Se anche lo sapessi, perché dovrei dirtelo? Non devo niente a Cage o a te. Sparisci.-

-E se non volessi?-

            Gli uomini di Testa di Martello tirano fuori le loro pistole e tu, da parte tua, lanci un urlo e cali la mano aperta contro la scrivania di noce spezzandola in due.

-Se credevi di impressionarmi… beh non ci sei riuscito. Fatelo fuori ragazzi.-

            Non lasci loro il tempo di fare qualcosa. Sei più veloce di quanto si aspettino. Calci della Tigre, colpi della Gru e tutto il repertorio. Bastano due minuti e cinque uomini sono a terra… ed è a quel punto che qualcosa ti colpisce alla schiena facendoti mancare il respiro e scagliandoti contro la parete opposta. Non hai il tempo di alzarti che un calcio ti colpisce alle costole. Senti qualcosa che si spezza e ti ritrovi a sputare sangue.

-Non credevi che fossi capace di stenderti, eh, buffone?-

            No, non lo credevi. Hai sottovalutato il tuo avversario ed ora potresti pentirtene.

 

            Certe sere Maximilian Quincy Coleridge IV rimpiange di non avere una vita sociale, amici da frequentare, donne con cui uscire, ma come potrebbe spiegare ad una donna perché i suoi occhi sono spenti e che anche se è cieco, possiede una sorta di visione mistica donatagli dal culto di Kali? Come potrebbe senza rivelare di essere il Sudario? Per il resto del mondo Max Coleridge è solo un eccentrico giovane miliardario che dopo la morte dei suoi genitori ha passato anni in giro per il mondo e solo di recente è tornato a casa ed ha scelto di vivere come un recluso nello stile di Howard Hughes o Harold Howard, ma nessuno sa che quando calano le tenebre, Max indossa i cupi panni del Sudario e va in cerca di crimini da vendicare. Non si può certo dire che a San Francisco manchi la materia prima per questo genere di affari, solo negli ultimi tempi la cara vecchia città sulla baia ha visto: la guerra tra le organizzazioni criminali del redivivo Damon Dran e del Signore del Crimine, gli exploit di un nuovo Hobgoblin,[5] l’inquietante presenza di un presunto serial killer cannibale,[6] e tante altre cose, ma stanotte il Sudario sta cercando una persona in particolare: qualcuno che riteneva morto da tempo e di cui ha invece percepito la presenza nel suo night club la notte precedente. È scomparso dopo pochi minuti, facendolo dubitare dei suoi sensi, ma il Sudario sa molto bene che nel suo ramo le persone credute morte hanno la fastidiosa abitudine di ritornare prima o poi e non vuole lasciare nulla di intentato.

            Durante il suo giro nei bassifondi di San Francisco ha l’opportunità di sistemare un buon numero di criminali e sventare diversi crimini, ma nonostante i suoi metodi di interrogatorio non ortodossi, la sua preda continua a sfuggirgli, ma se colui che cerca è davvero a Frisco, lo troverà prima o poi.

 

            Le jungle africane sono probabilmente più intricate ma forse meno pericolose di quelle delle grandi città americane e la Pantera Nera dovrebbe saperlo dal momento che ha esperienza di entrambe. Mentre volteggia tra i rami, diventa immediatamente consapevole di una presenza vicina, una presenza ostile, ne è sicuro, l’istinto del felino della jungla che è il suo nume tutelare, acquisito grazie ai riti antichi che sono la vera eredità del Clan della Pantera, non sbaglia.

            Pantera Nera si muove rapidamente cambiando direzione, dritto verso il pericolo, ma così com’è venuta la sensazione è scomparsa. Chiunque fosse il suo misterioso nemico, si è dileguato ed ora lui non ha tempo di seguirne la pista: ha qualcuno da accogliere, un gradito ritorno a casa.

 

 

3.

 

 

            Nascondersi in piena vista… a volte è il modo migliore. Colleen Wing è consapevole di non passare inosservata, ma proprio in questo consiste il trucco: tutti vedono una bella ragazza in un vestito succinto, si fermano all’apparenza e non badano al resto e questo è sempre un grave errore.

            Colleen si muove tra i tavoli da gioco simulando interesse, a volte fermandosi a chiacchierare con qualche giocatore e respingendo qualche avance usando tutto il tatto di cui è dotata... che è sicuramente più di quanto ne abbia la sua collega Misty Knight.

            Con aria indifferente raggiunge la toilette, ignora un gruppo di ragazze intente a passarsi chissà cosa e si chiude in uno dei cubicoli. La finestra è alta e stretta, ma riuscire a passarci attraverso non è impossibile. Colleen si sbarazza delle scarpe coi tacchi e fa una smorfia: sono costare una piccola fortuna e non c’è nessun cliente a cui metterle in conto. Sospira e comincia ad arrampicarsi. Non è certo la vita che speravano per lei suo padre e sua madre, riflette, ma forse aveva ragione il suo nonno giapponese: ognuno ha il suo destino.

            Si lascia alle spalle le considerazioni filosofiche quando atterra dolcemente sul terreno all’esterno. Tutte le ore passate ad allenarsi fin da quando era bambina hanno dato i loro frutti. Si dà una rapida occhiata intorno: non c’è nessuno e la telecamera di sorveglianza è all’altro angolo. Si accorgeranno di lei prima o poi, ma spera che sarà troppo tardi. S’incammina sul sentiero che porta alla rocca e maledice silenziosamente i sassi.

 

Testa di Martello continua a sferrarti calci dappertutto, poi ti solleva per il bavero. Non provi a difenderti, piuttosto concentri il tuo chi verso l’interno. Il tuo corpo diventa caldo, troppo caldo perché Testa di Martello riesca a tenerti. Il potere del Pugno d’Acciaio comincia a guarirti: le vertebre schiacciate si rinsaldano, le costole tornano al loro posto, il polmone perforato torna integro. Tutto questo sarà inutile, pero, se non riuscirai ad alzarti prima che Testa di Martello torni alla carica. Raccogli le tue energie appena in tempo: Testa di Martello ti sta caricando come un toro infuriato. Lo eviti per un soffio e lui, trascinato dal suo impeto, finisce contro la parete di fronte, su cui si apre una crepa. Prima che possa essersi completamente girato, tu gli sferri un calcio rotante che lo colpisce allo stomaco e lo fa cadere in ginocchio.

Sei esausto, ma sei anche determinato a non darlo a vedere.

-Allora...- chiedi –Chi è che vuole morti Cage ed i suoi amici?-

            La risposta di Testa di Martello è qualcosa che, come si diceva una volta, non è riferibile in un racconto per tutte le età.

            Scuoti la testa e te ne vai saltando dalla finestra. Forse ti sei guadagnato un nuovo nemico, ma in fondo è solo l’ultimo di una lunga serie.

 

            Il residente dell’ufficio del MI6 di Hong Kong scuote la testa.

-Non sono affatto convinto che sia una buona idea: questa è chiaramente una trappola.-

-Brillante deduzione, Tanner.- replica Clive Reston –Il mio prozio sarebbe stato fiero di te.-

-Puoi anche prendermi in giro, Reston, ma sai che ho ragione. Quel pazzoide vi invita nella sua isola privata e tutto quello che riuscite a pensare è prendere una barca e andarci?-

-E perché no? In fondo a suo modo Fu Manchu è uno che gioca pulito: certo avrà seminato il terreno di trappole e cercherà di farci uccidere dagli assassini più addestrati delle migliori consorterie internazionali, ma ci ha avvertito prima, non lo trovi sportivo? Mio padre…-

-Per l’amor di Dio, lascia stare tuo padre e le sue pazzesche imprese. Se anche il 10% di quello che ho letto sul dossier di quell’uomo è vero, voi avete meno probabilità di cavarvela di un fiocco di neve all’equatore- l’uomo di nome Tanner si rivolge agli altri componenti del gruppetto davanti a lui -Bene, spero che voi siate più intelligenti e capiate che non potete ficcarvi nella tana del lupo così semplicemente.-

-Sappiamo cosa ci aspetta e siamo ben equipaggiati per affrontarlo.- replica Black Jack Tarr –Siamo sopravvissuti a parecchi scontri con Fu Manchu e ce la faremo anche stavolta.-

- Mio fratello è nelle mani di Fu Manchu e farò tutto ciò che posso per liberarlo.- aggiunge Leiko Wu.

-Mio padre è un uomo pericoloso e molti nostri amici sono suoi prigionieri. Noi li libereremo.- è il lapidario commento di Shang Chi.

-Mi arrendo.- sbotta Tanner –Mio nonno mi aveva avvertito che avrei incontrato gente come voi se mi fossi ostinato a fare il suo stesso lavoro. Bene… ditemi cosa vi serve e ve lo farò avere e spero che il Direttore non se la prenda con me quando gli rispedirò i vostri cadaveri.-

-Tranquillo, Tanner.- ribatte Reston con un lieve sogghigno –Se Fu Manchu ci farà fuori dubito che ritroveranno i nostri cadaveri e nel caso, sarà lui a curarsi di rimandarli a casa,.-

            William James Tanner sbarra gli occhi, poi scuote la testa. Sono pazzi scatenati tutti quanti, pensa, eppure se qualcuno può riuscire nell’impresa, quelli sono proprio loro.

 

 

4.

 

 

            Qualcuno può trovarlo strano, visto il luogo, ma l’aeroporto di Central Wakanda ha poco da invidiare ai più famosi scali internazionali, anche se non sono molti i visitatori. Il piccolo aero che è appena atterrato ne porta uno molto speciale.

            Il comitato di ricevimento comprende l’intera famiglia reale al completo: in prima fila c’è T’Challa la Pantera Nera in carica, che ha già accantonato l’incidente di poche ore prima ed è concentrato sull’aereo il cui portello si sta aprendo, alla sua destra la fidanzata Monica Lynne, un’afroamericana che in questo ambiente continua a sentirsi un pesce fuor d’acqua; alla sua sinistra la Regina Madre Ramonda, che si sforza di non far trapelare il nervosismo, Appena più indietro S’Yan, ultimo fratello sopravvissuto del padre di T’Challa e Primo Consigliere del Regno, si passa la mano nella barba bianca; al suo fianco il massiccio Ishanta si aggiusta il monocolo, se pensaste a lui come un indolente riccone cambiereste idea dopo esservi ritrovati a terra con un braccio spezzato; guardando Zuni pensereste ad una grassa matrona… e avreste ragione almeno in parte. Oggi ben pochi crederebbero che è stata la prima donna a vestire i panni della Pantera Nera, sia pure per poco tempo. Al suo fianco il dottor Joshua Itobo sembra ancora più magro, difficile credere che questo intellettuale con gli occhiali e pochi muscoli sia stato in grado di superare le dure prove a cui sono sottoposti tutti i membri del Clan della Pantera, eppure è esattamente ciò che è accaduto; Joshua preferisce stare lontano dagli affari di famiglia e dedicarsi alla professione di medico, però. Poco distante T’Shan, figlio di S’Yan guarda gli altri suoi cugini con uno sguardo velato di disprezzo, pensa di essere migliore di loro e che la corona di Wakanda starebbe meglio sulle sue spalle e non sempre è abbastanza saggio da tenerselo per se. In un diverso regime sarebbe stato come minimo esiliato, ma la democrazia ha i suoi vantaggi. Il suo sguardo incrocia quello di K’Winda, ovvero Hunter, il Lupo Bianco, fratello adottivo di T’Challa, nel suo costume da battaglia. Nonostante sia più anziano di T’Challa, è stato escluso dalla successione perché adottivo e, così pensa, non a torto, lui, perché bianco, il razzismo può essere a due sensi.

            Monica si rivolge a T’Challa:

-Non mi hai mai parlato di tua sorella… anzi, per la verità non mi hai mai parlato molto di tutta la tua famiglia.

-Beh... non c’era molto da dire. Del resto, lo sai… Hunter l’hai conosciuto e l’altro mio fratellastro, Jakarra, ha cercato di uccidermi per rubarmi il trono.-[7]

-Non mi dirai che anche Shuri…-

Oh no… era solo una bambina molto piccola quando morì nostro padre e subito dopo io fui mandato a studiare in Europa e in America. Fecero lo stesso con lei poco dopo e ci siamo visti pochissimo da allora. Lei ha passato quasi tutti in questi anni in Svizzera o in Inghilterra.-

-Siete quasi due estranei, allora… che peccato. Se penso a quanto mi manca mia sorella Angela…-

            Istintivamente T’Challa le stringe la mano come per condividere il dolore per la sorte di Angela Lynne, il dolore per la morte di una persona cara si quieta, ma non va mai via davvero, lui lo sa bene.

            Dall’aereo scendono due figure: una è il pilota, un atletico uomo di colore con una rada barbetta, il suo nome è Khanata, è anche lui cugino di T’Challa ed il designato a succedergli nel doppio ruolo di Re di Wakanda e Pantera Nera in caso T’Challa non avesse figli. Non che la cosa gli importi molto: i suoi interessi sono le auto da corsa, le feste, le donne, non necessariamente in quest’ordine.

            Gli occhi di tutti però sono puntati sulla giovane donna, dimostra a malapena vent’anni, che avanza con incedere flessuoso per fermarsi davanti a Ramonda e T’Challa.

-Madre, sono felice di rivederti… e anche te, fratello.

-Anche io lo sono, Shuri.- risponde lui –Bentornata a casa.

-Casa… sì, sono felice di essere a casa.

 

            Elektra sente fin troppo il caldo, avvolta com’è nell’abaya, la tradizionale veste che le donne di Dubai sono obbligate a vestire e che le copre da capo a piedi, così, però, è stata libera di muoversi tra la folla senza dare nell’occhio, fino a raggiungere il luogo in cui ha preso alloggio il presidente del Raphastan durante la sua visita a Dubai, Il posto è pieno di guardie, gente che sembra sapere il fatto suo, per tacere di altre misure di sicurezza che sicuramente ci sono. Non la fermeranno, però: lei raggiungerà il suo bersaglio e porterà a termine il suo contratto, è quel che è pagata per fare ed è quel che farà.

 

            Colleen è appena arrivata in cima al sentiero che si sente afferrare ad un braccio. Si gira di scatto, pronta a combattere per trovarsi davanti la sua socia.

- Calma, sorella, sono solo io.-

- Misty, sei matta? Avrei potuto…-

-Lascia stare, ora pensiamo ad entrare in quella specie di testa di gufo.-

-Non è entrare che mi preoccupa, ma uscire.-

-È troppo tardi per tirarsi indietro, ormai.-

-E non intendo farlo, riflettevo solo sul fatto che quando hanno distribuito la saggezza noi due dovevamo essere da qualche altra parte.-

            Misty ride, poi fa cenno alla sua amica di seguirla. In breve le due donne giungono alla base della costruzione in pietra.

-Uhm in teoria è possibile arrampicarsi facendo presa sugli interstizi tra i mattoni. Te la senti?- chiede Misty

-Ho forse scelta?- replica Colleen -Su andiamo e accidenti a quando ho scelto questo vestito.-

            Le due donne raggiungono una balconata e da qui spingono una porta-finestra.

-È aperta.- commenta Misty –Non mi piace, è troppo facile.-

            Quasi ad asseverare la sua frase, ecco una voce che si rivolge loro:

-Entrate pure, signore, vi stavo aspettando.-

            Ad un’ampia scrivania in noce, con le mani giunte ed appoggiate al mento, siede il Gufo. Davanti a lui due uomini: uno basso e smilzo con una pistola in pugno ed uno alto e grosso, con la stazza di un gorilla.

-Venite pure avanti.- ripete il Gufo con una voce fintamente affabile –So perché siete venute.-

-Davvero?- ribatte Misty.

-Possono anche avermi costretto a lasciare New York[8] ma questo non significa che io non sappia quello che è importante per me sapere. Miss Wing, è un piacere rivederla in forma dopo il suo incidente.-

-Lo chiami incidente l’essere pestata a sangue dal tuo scagnozzo?-[9] replica rabbiosamente Colleen.

-Lapide è sempre stato troppo zelante nell’eseguire gli ordini, ahimè. Avrebbe dovuto prendersela solo con Cage. In fondo è stata fortunata: non sono molti i bersagli di Lapide che sono sopravvissuti per raccontarlo. Evidentemente non la voleva morta, dopotutto.-

-Brutta razza di…-

            Colleen sta quasi per gettarsi sul Gufo quando Misty la ferma.

-Non ne vale la pena.- le dice.

Lei è molto saggia, Miss Knight.- continua il Gufo –Oggi mi avete trovato di buonumore, quindi non solo vi darò le informazioni che cercate, ma vi lascerò anche andare via di qui vive.-

-E crede che ci faremmo ammazzare senza reagire?-

-Horgan!- ordina il Gufo.

            Con insospettata rapidità il grosso sferra un pugno allo stomaco di Misty, che si piega in due.

-Il miglior talento di Mr. Horgan non è il cervello…- prosegue il Gufo con voce divertita -… ma il vero motivo per cui lo chiamano Ape[10] è perché è capace di stendere un gorilla infuriato a mani nude. Non vorrei vederlo all’opera su di lei, Miss Knight.-

            Colleen fa per muoversi ma si trova di fronte la canna della pistola dello smilzo. Conosce abbastanza mosse da poterlo disarmare i pochi secondi, però.

-Non lo faccia Miss Wing.- interviene il Gufo come se le avesse letto nel pensiero –Sad Sam Simms non sorride mai ma è velocissimo a sparare e temo che lei avrebbe un bel buco all’altezza del cuore prima di fargli saltare la pistola… ma anche se ci riuscisse il bravo Ape avrebbe il tempo di spezzare il collo di Miss Knight come un fuscello. Inoltre la violenza è inutile: il vostro uomo non sono io, ma un tizio di nome Willy Edmond, che pare avere motivi di vendetta verso il vostro amico Cage ed in questo momento gli sta già tendendo una trappola.-

-Edmond?- esclama Misty –Mai sentito nominare. Hai parlato di una trappola, dove?

-Questo non è affar mio. Ora, se non vi dispiace…- il Gufo preme un pulsante ed una decina di uomini armati entra dalla porta -… vi farò scortare ad un motoscafo che vi riporterà a New York. Vorrei dire che è stato un piacere incontrarvi… ma perché mentire?-

            Colleen fa per dire qualcosa, ma Misty la dissuade.

-Andiamo, via, è meglio. Abbiamo ciò che volevamo.-

            Sulla soglia Colleen si volta e dice:

-Non finisce qui, Gufo… uno di questi giorni...-

-Sarò a sua disposizione Miss Wing… e anche i pesci della baia.-

            Le due donne escono e il Gufo si lascia sfuggire una risata.

 

 

5.

 

 

            Sei appena uscito dal covo di Testa di Martello e ti appoggi ad una parete per riprendere fiato. L’uso del potere del Pugno d’Acciaio per risanare le tue ferite ed il successivo breve scontro con il gangster ti hanno lasciato spossato e devi riposare per riprendere in pieno le forze, peccato che, come dice il vecchio detto, non c’è riposo per lo stanco.

            Gli uomini che ti assalgono sono indubbiamente dei mercenari, esperti nel combattimento all’arma bianca e a mani nude. Ti colpiscono ripetutamente prima che tu possa tentare un’adeguata difesa, una lama sibila e ti strappa un pezzo di costume ed un brandello di carne. Mentre senti il sangue scorrerti tra le dita, pensi che è un modo stupido di morire dopo essere sopravvissuto a sfide più terribili, poi accade qualcosa.

            Un’alta figura piomba tra i mercenari che per un attimo credono di vedere doppio: il nuovo venuto, infatti, indossa un costume quasi identico al tuo, ma senza petto scoperto e colletto.

-Orson.- bisbigli.

            Il capo dei mercenari urla:

-Matatelo, Lobos Locos!-

            Orson Randall si muove rapido come il lampo, evita i fendenti dei coltelli, abbatte alcuni avversari

-Lobos Locos eh?- dice –Non mi sembrate tanto feroci, sapete? Venite dal Sudamerica, giusto? Nicaragua, Salvador? No, ora riconosco l’accento: Delvadia, venite da Delvadia. Che succede? Siete disoccupati degli squadroni della morte, o i Narcos non pagano più come una volta?-

            La sola risposta viene data dal capo del gruppo, che estrae una mitraglietta.

-Uh che paura.- dice Orson –Sono davvero spaventato, davvero vuoi spararmi? Allora fallo.-

            Le mani di Orson brillano di energia e mentre l’uomo spara, un pugno caricato col potere del Pugno d’Acciaio colpisce con forza la canna della mitraglietta che esplode in faccia all’uomo.

            Orson guarda quelli rimasti in piedi.

-Vogliamo continuare?- chiede.

            I due rimasti scappano ma si trovano di fronte ad una ragazza mascherata che li stende in due mosse.

-Bel lavoro, ragazza.- dice Orson rivolto alla nuova venuta –Potremmo chiamarci la Squadra degli Iron Fist, che ne dici?-

-Danny... come sta?- chiede Miranda Rand indicando te mentre Orson sta aiutandoti a rimetterti in piedi.

-Imbarazzato.- rispondi –Mi sono fatto sorprendere come un novellino.-

-Capita anche ai migliori, tranquillo.- replica Orson –Fammi vedere la tua ferita. Uhm, poco più di un graffietto. La sistemiamo subito.-

            Orson appoggia la mano destra sulla ferita che hai al fianco, la sua mano brilla e tu senti la familiare sensazione di calore. Quando ritira la mano, è rimasta solo una lieve cicatrice.

-Non sono mai riuscito a farlo tanto in fretta.- commenti.

-Imparerai.- risponde Orson con sicurezza –Hai saputo quel che volevi sapere?-

-No. A quanto pare, Testa di Martello non sapeva niente.-

-Credi sia stato lui a mandarti contro questi tizi?- chiede Miranda.

-Penso di no.- rispondi –Non è per niente il suo stile.-

-Lo sapremo presto.- afferma Orson, poi solleva uno dei mercenari e lo scuote.

-Ascolta, amigo, ora ci dirai tutto quello che sai.-

-Non contarci, gringo.-

            Orson Randall non replica, piuttosto muove velocemente la mano destra, che brilla di energia arcana, davanti all’uomo e questi comincia a parlare con voce monocorde:

-Ci… ci ha pagato un uomo di nome Willy Edmond.-

-E dove lo troviamo questo Edmond?-

-Hart Island, il vecchio penitenziario.-

            Quando finisce il suo racconto, l’uomo si accascia a sedere confuso.

-È quello che volevi sapere?- ti chiede Orson.

-Come… come hai fatto?- esclami davvero stupito.

-Un trucchetto utile, non è vero? Allora, era quello che volevi sapere?-

Sì, direi di sì. Dovrò avvertire Luke adesso.-

-Allora fallo.-

            Prendi un cellulare e o chiami, ma…

-Non risponde.- dici –Forse è meglio andare da lui.-

            Non vuoi essere preoccupato, ma con quello che è successo ultimamente, non puoi farne a meno.

 

            Non capita a tutti di cenare con il Presidente della Federazione Russa e dormire in un appartamento per gli ospiti del Cremlino. Paladin mentirebbe se dicesse di non essere rimasto impressionato. Quanto a Natasha Romanoff, mentre si riveste non può fare a meno di ricordare che non molto tempo prima da quegli stessi palazzi c’era chi la voleva morta come traditrice.

            Il tempo di salutare il Presidente, poi Natasha e Paladin salgono su una limousine che li porta verso la loro prossima meta a Mosca.

            Paladin sorseggia un calice di champagne e si china discretamente verso Natasha sussurrandole:

-Lo sai , vero, che siamo seguiti?-

-Naturalmente sì.- risponde Natasha -È da ieri sera che quell’auto ci segue con discrezione,-

-Gente del tuo amico Vazhin?-

-Possibile ma improbabile. In ogni caso, presto ne sapremo di più, siamo arrivati.-

            La grossa auto si sta infatti fermando davanti ad una lussuosa casa sulle rive del fiume Moscova.

 

Sbarazzatasi dell’Abaya e rivelata la sua tenuta da combattimento, Elektra si muove. Entrare nella cittadella fortificata non è per nulla difficoltoso per una come lei: ha imparato a superare ostacoli simili quando era ancora solo una novizia della Mano.[11] Le guardie non sono un problema e nemmeno i sistemi elettronici di rilevamento.

            Come un fantasma Elektra raggiunge la stanza da letto del suo obiettivo ed entra dalla finestra, che apre senza sforzo. Ci vogliono solo pochi secondi perché i suoi occhi si abituino all’oscurità e quel che vede non le piace affatto: Basharat Hasan, il dittatore del Raphastan giace sul letto squartato dal collo all’ombelico, il genere di taglio che potrebbe produrre una katana… come la sua.

            In quel momento la porta della camera si apre ed entrano una decina di uomini armati, uno dei quali urla:

-Ferma dove sei, assassina!-

            Elektra non ha dubbi: hanno preparato una bella trappola e lei ci è caduta come una stupida.

 

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Pochi chiarimenti essenziali:

1)    Alexi Vazhin è una creazione di Chris Claremont & Alan Kupperberg ed è apparso per la prima volta su Marvel Team Up Annual #1 del 1979. All’epoca era un agente del KGB, ma in tempi moderni è diventato direttore del F.S.B. Ogni volta che in una storia Marvel si parla di servizi segreti russi lui c’è di mezzo in qualche modo.

2)    Col tempo la famiglia reale di Wakanda si è arricchita di sempre nuovi membri per merito dei vari scrittori. Vediamo di fare chiarezza: il nonno di T’Challa, Azzari il Saggio, che fu Pantera Nera negli anni 40, aveva almeno due fratelli di cui uno è il padre di Ishanta, il “ministro delle finanze” e l’altro della ormai cicciottella Zuni, due personaggi creati da Jack Kirby nella serie Black Panther del 1977/1979. A sua volta, Azzari ha avuto almeno quattro figli: T’Chaka (creato da Stan Lee & Jack Kirby su Fantastic Four Vol. 1 #53 del 1966), che ereditò la corona, padre di T’Challa, Jakarra (creato da Jack Kirby su Black Panther Vol. 1° #6 del 1977, Shuri (creata da Christopher Hudlin & John Romita Jr. su Black Panther Vol. 5° #2 del 2005) e padre adottivo di Hunter (creato da Christopher Priest & Joe Quesada & Mark Texeira su Black Panther Vol. 4° #2 del 1998); N’Baza, padre del defunto B’Tumba (entrambi creati da Roy Thomas & Frank Giacoia su Avengers Vol. 1° #88 del 1971) e forse di Khanata (creato da Jack Kirby su Black Panther Vol. 1° 8 del 1978), due fratelli senza nome, uno dei quali è il padre di M’Koni, che vive negli Stati Uniti col nome di Mary Wheeler assieme al marito ed al figlio Billy (tutti creati da Chuck Patton su Daredevil Vol. 1° #245 del 1987) e l’altro il padre di Joshua Itobo (creato anche lui da Jack Kirby su Black Panther Vol. 1°#8). Infine abbiamo S’Yan, padre di T’Shan (entrambi creati da Christopher Hudlin & John Romita Jr. su Black Panther Vol. 5° #2). Menzione speciale per Ramonda, matrigna di T’’Challa (ma da lui considerata una vera madre) e madre naturale di Shuri e forse anche di Jakarra.

3)    Per chi se lo chiedesse, il nome wakandano di Hunter è una mia idea. L’ho elaborato partendo dal sostantivo Swahili “Kuwinda” (grazie Traduttore di Google -_^) che significa Cacciatore, ovvero Hunter. In fondo, vista la zona d’Africa in cui dovrebbe trovarsi, non è affatto improbabile che la fittizia lingua wakandana appartenga alla stessa famiglia linguistica dello Swahili.

4)    Le sequenze di Iron Fist e delle Figlie del Dragone sono state realizzate in accordo con Carmelo Mobilia e fanno riferimento ad eventi della serie Luke Cage (ma messi in moto tempo fa proprio su questa serie) ed in particolare andrebbero lette in parallelo a quanto narrato in Luke Cage MIT #10.

Nel prossimo episodio: beh diciamo che i nostri protagonisti finiscono in guai grossi e dovranno sudare per tirarsene fuori.

 

 

Carlo



[1] Madrepatria in Russo

[2] Federal'naya sluzhba bezopasnosti Servizio Federale di Sicurezza, erede del KGB in materia di sicurezza interna della Federazione Russa ed investito anche di compiti di polizia federale che lo rendono simile al F.B.I. americano.

[3] In Luke Cage MIT #10.

[4] Per i dettagli vedere i recenti episodi di Luke Cage MIT

[5] Nei recenti episodi del Ragno Rosso MIT.

[6] Negli episodi di Namor MIT.

[7] In Black Panther Vol. 1° #6/10 (Fantastici Quattro Corno, #234/241).

[8] In Devil #50

[9] È accaduto in Luke Cage MIT #3.

[10] Ovvero scimmia antropomorfa.

[11] La temibile consorteria giapponese di assassini ninja di cui un tempo Elektra faceva parte.